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Accordo (mancato) Meta SIAE, cosa è successo
Facebook e Instagram, due piattaforme di proprietà di Meta (meta.com), lo scorso mese di marzo hanno bloccato e silenziato tutti i video pubblicati dagli utenti italiani, che contengono tracce musicali provenienti dal repertorio della Società Italiana Autori ed Editori (SIAE).
Per i pochi che non lo conoscono, il gruppo statunitense Meta (precedentemente denominato Facebook) è attivo a livello mondiale nell’offerta di piattaforme digitali, di messaggistica, app, tecnologie e software. Tra le sue piattaforme social più diffuse ci sono Facebook e Instagram. La SIAE, invece, è un ente pubblico economico a base associativa la cui attività è disciplinata dalle norme di diritto privato; si tratta in particolare di un “organismo di gestione collettiva” ed opera anche nell’attività di gestione e intermediazione dei diritti d’autore, concedendo a tal fine le licenze per l’utilizzazione delle opere protette, riscuotendo i compensi per diritto d’autore e ripartendo i proventi che ne derivano.
Il colosso californiano aveva recentemente annunciato di non essere riuscito a raggiungere un accordo con la SIAE per il rinnovo delle licenze della musica, italiana e non. Da quanto si apprende, sembra che solo in Italia la Società di Zuckerberg non sia riuscita a concludere un accordo per il rinnovo delle licenze, licenze per altro scadute il primo gennaio 2023.
Dal canto suo, la SIAE in data 16 marzo comunicava quanto segue:
“La decisione unilaterale di Meta di escludere il repertorio SIAE dalla propria library lascia sconcertati gli autori ed editori italiani. A SIAE viene richiesto di accettare una proposta unilaterale di Meta prescindendo da qualsiasi valutazione trasparente e condivisa dell’effettivo valore del repertorio. Tale posizione, unitamente al rifiuto da parte di Meta di condividere le informazioni rilevanti ai fini di un accordo equo, è evidentemente in contrasto con i principi sanciti dalla Direttiva Copyright per la quale gli autori e gli editori di tutta Europa si sono fortemente battuti. Colpisce questa decisione, considerata la negoziazione in corso, e comunque la piena disponibilità di SIAE a sottoscrivere a condizioni trasparenti la licenza per il corretto utilizzo dei contenuti tutelati. Tale apertura è dimostrata dal fatto che SIAE ha continuato a cercare un accordo con Meta in buona fede, nonostante la piattaforma sia priva di una licenza a partire dal 1° gennaio 2023. SIAE non accetterà imposizioni da un soggetto che sfrutta la sua posizione di forza per ottenere risparmi a danno dell’industria creativa italiana”.
È facile immaginare che il punto della discordia sia stato il compenso da corrispondere alla SIAE in riferimento all’utilizzo delle creazioni dei suoi assistiti sui siti e sulle piattaforme dell'azienda di Mark Zuckerberg. L’accordo tra SIAE e Meta sarebbe quindi saltato essenzialmente per motivi economici: Meta avrebbe fatto una proposta “non trattabile” che non è stata accettata da SIAE e così Mark Zuckerberg ha deciso di rimuovere dai propri Social tutte le canzoni tutelate da SIAE.
Uno dei nodi del problema potrebbe essere stato la base di calcolo e la condivisione delle informazioni necessarie per procedere con detto calcolo. Dai pochi dati a disposizione, sembrerebbe che Meta avrebbe voluto pagare i diritti a SIAE per le canzoni in base al numero dei post che le utilizzano; SIAE avrebbe invece chiesto il riconoscimento dei diritti per ogni visualizzazione dei contenuti che contengono le canzoni tutelate.
Sostanzialmente, secondo la proposta che viene attribuita a Meta, se un utente utilizza una canzone italiana per un reel che fa 5 milioni di visualizzazioni, questo utilizzo conta 1, allo stesso modo di un utente che inserisce una canzone in un video che fa 5 visualizzazioni. Sembra quindi che Meta voglia usare una base di calcolo diversa rispetto a quello che chiede SIAE, che conterebbe invece il numero di visualizzazioni.
I reels sono contenuti video brevi in formato verticale, creati attraverso più clip immagini o video. Su Instagram si possono riconoscere perché visibili in una tab dedicata e identificabili nel feed tramite un’icona specifica. I reels hanno un grande potenziale in termini di visibilità e di condivisione “virale”. Solitamente, comprendono anche la funzionalità audio per poter completare la parte video. A tal riguardo, Instagram permette di selezionare la musica per il proprio reel tra le tracce disponibili sulla piattaforma, ed è qui che diventa rilevante il mancato accordo.
A causa dello stallo che si è creato, infatti, tra le tracce disponibili non ci dovrebbero più essere quelle “coperte” dalla SIAE, con evidente impatto, non solo per i singoli utenti che desiderano creare le proprie stories, ma soprattutto per tutti i professionisti specializzati nella creazione di contenuti digitali per conto terzi.
Come andrà a finire è difficile dirlo: al momento le posizioni sembrano lontane, anche se è auspicabile che si riaprano le trattative viste le evidenti ripercussioni che si stanno già registrando nella filiera del settore musicale.
A tal proposito, secondo le ultime informazioni disponibili, a seguito dell’intervento dell’AGCM (Autorità garante della concorrenza e del mercato), risulterebbe che sia stata imposta a Meta, sulla base di un asserito abuso di dipendenza economica, la ripresa immediata delle trattative con la SIAE (“mantenendo un comportamento ispirato ai canoni di buona fede e correttezza”): potrebbero quindi essere di nuovo disponibili, almeno temporaneamente, per gli utenti i contenuti musicali tutelati dalla SIAE stessa.
In ogni caso, aldilà di quale possa essere l’esito finale della vicenda, appare interessante cercare di capire in quale contesto normativo è nata la trattativa Meta-SIAE, e per farlo bisogna partire dalla nostra Legge sul Diritto d’Autore (Legge n. 633/1941) e dal recepimento della Direttiva UE sul Copyright da parte dell’Italia.
In base alla Legge sul Diritto d’Autore, sono protette le opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione (art. 1). In particolare, sono protette (…) le opere e le composizioni musicali, con o senza parole, le opere drammatico-musicali e le variazioni musicali costituenti di per sé opera originale (art. 2).
Pertanto, a prescindere dal tema in esame (accordo Meta-SIAE), quando si desidera utilizzare un brano musicale (o parte di esso), per esempio per creare un video o una story, è sempre importante ricordare che con buona probabilità il brano prescelto sarà coperto da Diritto d’Autore e che l’autore del brano vanta un diritto esclusivo sul medesimo.
La normativa prevede che il titolo originario dell'acquisto del diritto di autore è costituito dalla creazione dell'opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale. Pertanto, l’autore, per essere considerato tale, non deve necessariamente registrare l’opera o depositare una richiesta di tutela: è infatti sufficiente che crei l’opera musicale (a condizione che sia dotata di carattere creativo).
È bene ricordare inoltre che, secondo la normativa, l'autore ha il diritto esclusivo di pubblicare l'opera e ha altresì il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l'opera in ogni forma e modo originale, o derivato, nei limiti fissati dalla legge stessa.
I diritti patrimoniali sono in sostanza i seguenti: Diritto di pubblicazione; Diritto di riproduzione; Diritto di trascrizione; Diritto di esecuzione, rappresentazione o recitazione in pubblico; Diritto di comunicazione al pubblico; Diritto di elaborazione e di modificazione dell’opera; Diritto di noleggio e di prestito.
Tali diritti (patrimoniali) sono tra loro indipendenti, durano di norma 70 anni dalla morte dell’autore e possono essere ceduti dall’autore a terzi. Nell’industria musicale, i soggetti ai quali (nella maggior parte dei casi) vengono ceduti i diritti patrimoniali sono le Società di Edizione. In questo caso, la Società di Edizione viene quindi incaricata dello sfruttamento dei diritti patrimoniali attraverso un contratto di edizione e l’editore deve perseguire il risultato della messa a conoscenza dell’opera al pubblico ed il miglior sfruttamento della stessa.
In merito invece alla Direttiva europea sul Copyright, per effetto dell’attuazione della Direttiva (UE) 2019/790 da parte del D.lgs. n. 177/2021, sono state introdotte specifiche disposizioni relative all’utilizzo di contenuti protetti da parte dei prestatori di servizi di condivisione di contenuti on-line: Titolo II-quater alla Legge n. 633/1941 (Legge sul Diritto d’Autore).
Di seguito alcuni spunti di riflessione estratti dalla Direttiva in relazione al tema in esame.
Il prestatore di servizi di condivisione di contenuti online, secondo la citata normativa, viene ora definito come un prestatore di servizi della società dell'informazione che deve essere in possesso dei seguenti requisiti: il soggetto ha come scopo principale di memorizzare e dare accesso al pubblico a grandi quantità di opere o di altri materiali protetti dal diritto d'autore; le opere o gli altri materiali protetti sono caricati dagli utenti; le opere o gli altri materiali protetti sono organizzati e promossi allo scopo di trarne profitto sia direttamente che indirettamente.
La norma chiarisce inoltre che i prestatori di servizi compiono un atto di comunicazione al pubblico o un atto di messa a disposizione del pubblico quando concedono l'accesso a opere protette dal diritto d'autore o ad altri materiali protetti caricati dai loro utenti. Per poter svolgere legittimamente questo tipo di attività, i prestatori di servizi devono ottenere preventivamente un'autorizzazione dai titolari dei diritti anche mediante la conclusione di un accordo di licenza. L'autorizzazione comprende gli atti compiuti dagli utenti che caricano sulla piattaforma opere protette dal diritto d'autore quando non agiscono per scopi commerciali ovvero laddove la loro attività non genera ricavi significativi.
Nel caso di mancata acquisizione dell’autorizzazione, i prestatori di servizi sono ritenuti responsabili per gli atti non autorizzati di comunicazione al pubblico e di messa a disposizione del pubblico.
L’art. 17 della Direttiva in esame rappresenta quindi un passaggio normativo volto ad una maggiore responsabilizzazione delle piattaforme digitali, prevedendo che quando un provider rende disponibili contenuti protetti dal diritto d’autore senza aver ottenuto un’autorizzazione dai titolari dei diritti non è esentato da responsabilità.
La normativa, inoltre, prevede uno specifico obbligo di informazione a carico dei soggetti ai quali sono stati concessi in licenza o sono stati trasferiti i diritti (anche nel caso di sublicenza). Essi hanno infatti l'obbligo di fornire agli autori ed agli artisti le informazioni relative allo sfruttamento delle opere e delle prestazioni artistiche oltre che alla remunerazione. Le informazioni vanno fornite con cadenza semestrale e devono essere aggiornate, pertinenti e complete. In particolare queste ultime hanno ad oggetto: l'identità dei soggetti interessati dalle cessioni o licenze che abbiano stipulato accordi con i contraenti diretti di autori e artisti; le modalità di sfruttamento delle opere e delle prestazioni artistiche; i ricavi generati dagli sfruttamenti, ivi inclusi gli introiti pubblicitari ed il merchandising, oltre alla remunerazione contrattualmente dovuta, secondo quanto stabilito negli accordi di concessione di licenza o trasferimento; i numeri di acquisti, visualizzazioni, abbonati per quanto concerne i fornitori di servizi di media audiovisivi non lineari.
A questo obbligo di trasparenza sembra far riferimento proprio la SIAE in una parte nel suo comunicato stampa del 16 marzo (sopra riportato nella sua interezza), dove si precisa che “…Tale posizione, unitamente al rifiuto da parte di Meta di condividere le informazioni rilevanti ai fini di un accordo equo, è evidentemente in contrasto con i principi sanciti dalla Direttiva Copyright.”
In questo contesto è nata, e per il momento (forse) morta, la trattativa tra il Gruppo Meta e la SIAE per il rinnovo delle licenze; il Legislatore pare abbia scelto lo strumento delle licenze come il mezzo più idoneo per disciplinare e regolare lo squilibrio tra i ricavi ottenuti dai titolari dei diritti di sfruttamento delle opere tutelate e i guadagni di social network, aggregatori di contenuti digitali, piattaforme digitali (…). Prevedendo altresì oneri di trasparenza e di condivisione di dati in capo a questi ultimi.
Tuttavia, il problema che si intravede, e che il caso in esame ha già (almeno in parte) evidenziato, è il diverso rapporto di forza tra i soggetti in campo: il potere negoziale di colossi del digitale come Meta è difficile da attenuare ed è per questo motivo che è intervenuta anche l’Autorità Antitrust; inoltre, il quadro risulta particolarmente complesso e difficile da regolare perché, da un lato, il ruolo propulsivo esercitato dai Social nella crescita del settore musicale è sempre più rilevante (si pensi per esempio a quanto abbiano inciso nella diffusione dei brani di Sanremo); dall’altro, si deve sempre tenere conto dell’esigenza più che legittima di tutelare le opere creative e originali e preservare i diritti degli autori stessi.
Il caso Meta-SIAE ha permesso di evidenziare tutto questo e ci ha ricordato l’importanza, per gli autori, di tutelare nel miglior modo possibile le loro opere dell’ingegno e, per i terzi, di porre la massima attenzione quando, invece, si desidera utilizzare un’opera altrui, nella convinzione, magari, di poterlo fare legittimamente “solo perché l’ho trovata su Internet”.