Con questi articoli ci proponiamo di mantenere aggiornati i nostri clienti sugli sviluppi nel settore della Proprietà Industriale in generale e della nostra struttura in particolare. Desideriamo garantire in questo modo una visione più ampia degli strumenti che il campo dei marchi, nomi a dominio, brevetti, disegni e diritti connessi offre agli imprenditori, per valorizzare e difendere il loro impegno nella ricerca e sviluppo di nuove soluzioni e idee. I contenuti di questa newsletter hanno carattere esclusivamente informativo e non costituiscono un parere legale, né possono in alcun modo considerarsi come sostitutivi di una specifica consulenza legale
È possibile registrare come marchio di impresa il nome di un colore?
Con Decisione dello scorso 11 ottobre 2023, il Tribunale dell’Unione Europea (Caso n. T -516/22) ha stabilito che i seguenti due marchi sono tra loro confondibili:
Ma la parte più rilevante, delle 14 pagine di motivazione, riguarda la conferma di un principio particolarmente utile per le aziende che vorrebbero registrare il nome di un colore come marchio di impresa.
Il Tribunale, infatti, ci ricorda che, se il nome di un colore non ha un richiamo diretto ed immeditato a talune caratteristiche peculiari del prodotto o del servizio di interesse, allora quel nome potrebbe essere dotato di carattere distintivo e potrebbe quindi essere concesso come un valido marchio di impresa.
Nel caso in esame, il Tribunale ha riconosciuto come il nome “BLUE”, depositato dalla Società O2 Worldwide Limited nelle classi 9, 35, 42, fosse dotato di carattere distintivo in relazione a prodotti quali, software, supporti informatici (...) e servizi ad essi collegati, e fosse quindi un marchio di impresa valido e in grado di opporsi con successo ad un marchio successivo ritenuto simile (“brightblue”), depositato nel medesimo settore merceologico.
I Giudici hanno inoltre stabilito che, sebbene talvolta i prodotti informatici in questione possano essere stati messi in commercio con il colore blu, questo fatto, da solo, non deve portare al rigetto del marchio per carenza di distintività. Perché non è ragionevole ritenere che il consumatore di riferimento possa considerare il nome di un colore come una caratteristica peculiare e intrinseca del prodotto in questione, solo perché in commercio è possibile trovare supporti informatici anche di colore blu.
Sotto questo profilo la Decisione si colloca in linea con la prassi adottata dall’Ufficio Marchi dell’Unione Europea e, in particolare, con i precedenti del Tribunale UE medesimo. Infatti, nel caso «vita» («vita» è il termine svedese per «bianco»), il Tribunale ha ritenuto che il colore bianco non fosse una «caratteristica inerente» e «intrinseca alla natura» di prodotti quali robot da cucina, pentole elettriche a pressione e utensili per la casa, ma un aspetto puramente accidentale e contingente che eventualmente soltanto alcuni di essi possono possedere e, in ogni caso, senza che vi sia alcun rapporto diretto e immediato con la loro natura. Poiché i prodotti di cui trattasi sono disponibili in una vasta gamma di colori, il mero fatto che essi siano disponibili in bianco, in modo più o meno usuale e tra altri colori, risulta inconferente, in quanto non è «ragionevole», ai sensi della giurisprudenza, prevedere che, per ciò solo, il bianco sia effettivamente riconosciuto dal pubblico di riferimento come una descrizione di una caratteristica inerente e intrinseca alla natura di tali prodotti.
Pertanto, affinché il nome di un colore venga “bocciato” da parte degli Uffici Marchi occorre che quel colore sia immediatamente e automaticamente associato, da parte del consumatore di riferimento, al prodotto o al servizio che si intende proteggere tramite la domanda di registrazione, o ad una sua caratteristica peculiare.
Alla luce di quanto sopra, se avete intenzione di provare a proteggere il nome di un colore come marchio di impresa, suggeriamo di valutare se detto colore possa essere associato direttamente e immediatamente, dal consumatore di riferimento, al settore di vostro interesse e/o ad una sua specifica caratteristica.
Per esempio, se volete depositare come marchio di impresa il nome GIALLO per limoni o per bibite a base di limone, è possibile che l’Ufficio Marchi di riferimento respinga la richiesta perché, in effetti, il consumatore di riferimento associa immediatamente il colore giallo ai limoni. Allo stesso modo, il nome BLU potrebbe ricevere contestazioni da parte dell’Ufficio in relazione al formaggio, poiché descrive un determinato tipo di formaggio; così come il nome VERDE potrebbe descrivere per esempio un determinato tipo di tè (….).
Il termine «truewhite» (bianchezza autentica) applicato ai diodi emettitori di luce (LED) è stato respinto perché secondo i Giudici del Tribunale non faceva altro che descrivere una caratteristica essenziale di tali prodotti, ossia la loro capacità di riprodurre una luce di un biancore tale da poter essere considerata analoga alla luce naturale. In tale causa, l’espressione «true white» descriveva parimenti una caratteristica inerente e intrinseca alla natura dei prodotti interessati, vale a dire la loro qualità.
Se tuttavia il colore che avete in mente non ha un richiamo immediato al prodotto/servizio di interesse, allora si potrebbe valutare il percorso di registrazione, anche qualora quel determinato prodotto possa essere commercializzato, tra gli altri, con quel determinato colore.
Nel corso degli anni ci siamo confrontati con casi analoghi, ovvero con richieste di voler registrare marchi composti unicamente dal nome di colori, in svariati settori merceologici, e possiamo testimoniare che, anche in base alla nostra esperienza diretta, gli Uffici Marchi e i Tribunali, chiamati a decidere circa la possibilità di concedere o meno un marchio composto unicamente dal nome di un colore, adottano i criteri sopra evidenziati.
Occorre infine ricordare la distinzione tra il deposito di un marchio composto dal nome di un colore e, invece, il marchio composto da un colore. È infatti possibile registrare come marchio di impresa anche un colore vero e proprio, ad esempio uno specifico pantone, o una combinazione di colori, a condizione che il marchio sia dotato di carattere distintivo e che quindi quel determinato colore o combinazione di colori non rappresenti una caratteristica peculiare e intrinseca del settore di interesse.
In base alla nostra esperienza, per ridurre il rischio di ricevere obiezioni da parte dell’Ufficio Marchi possiamo suggerire di scegliere l’opzione “combinazione di colori” e di indicare i codici pantone.
Per la cronaca, la Società O2 Worldwide Limited, che ha vinto l’opposizione in commento e che è titolare del marchio BLUE, ha registrato anche il seguente marchio di colore:
composto da una “sfumatura dal blu scuro ("CMYK: C97 M97 Y45 K56"), al blu medio ("CMYK: C85 M50 Y6 K2"), al blu chiaro ("CMYK: C46 M9 Y2 K3").
Pertanto, se un determinato colore risulta per la Vostra azienda particolarmente rilevante si potrebbe valutare il deposito combinato sia del nome del colore, sia del colore stesso.
Per ogni chiarimento, siamo a vostra disposizione.