202307.25
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Con questi articoli ci proponiamo di mantenere aggiornati i nostri clienti sugli sviluppi nel settore della Proprietà Industriale in generale e della nostra struttura in particolare. Desideriamo garantire in questo modo una visione più ampia degli strumenti che il campo dei marchi, nomi a dominio, brevetti, disegni e diritti connessi offre agli imprenditori, per valorizzare e difendere il loro impegno nella ricerca e sviluppo di nuove soluzioni e idee. I contenuti di questa newsletter hanno carattere esclusivamente informativo e non costituiscono un parere legale, né possono in alcun modo considerarsi come sostitutivi di una specifica consulenza legale


L’intelligenza artificiale: un ottimo alleato, ma a che prezzo?

In un mondo sempre più frenetico e che ci ha abituati ad avere tutto e subito, sono tanti gli strumenti che ormai utilizziamo per facilitarci la vita. Il tanto amato Tutto Città è stato sostituito da Google Maps e il telefono che usavano i nostri nonni ormai è un lontano ricordo.

L’intelligenza artificiale (“IA” o “AI”) sta prendendo piede sempre di più e sta permeando tutti i settori della nostra vita. Dagli strumenti per creare immagini e video, processare dati ad applicazioni che guidano le auto senza l’intervento umano, ormai non possiamo più fare a meno della cosiddetta “AI”.

Sono sicuramente i c.d. chatbot o “assistenti virtuali”, ovvero i software progettati per simulare una conversazione con un essere umano, ad essere gli strumenti più utilizzati nella nostra quotidianità. Chi non ha chiesto a Siri o ad Alexa che tempo facesse fuori, senza nemmeno aprire l’app del meteo o mettere il naso fuori dalla finestra?

Il chatbot divenuto più famoso negli ultimi tempi è, senza dubbio, ChatGPT. Lo stesso, sviluppato dalla società OpenAI, è stato lanciato nel novembre 2022 ed è basato su intelligenza artificiale e apprendimento automatico. La sigla GPT sta per Generative Pre-trained Transformer, una tecnologia nuova applicata al machine learning.

Si pensi che, nel 2023, ChatGPT è stato il servizio tecnologico che – in soli due mesi - ha raggiunto più velocemente i 100 milioni di utenti. L’avvento della chat ha fatto altresì salire i prezzi delle criptovalute e le relative azioni in borsa legate all’intelligenza artificiale e le Big Tech, quali Microsoft e Google, hanno iniziato ad investire in questa tecnologia.

L’obiettivo primario di questo software è quello di simulare un comportamento umano; ci si rivolge a lui per svariate esigenze, anche di carattere lavorativo: redazione di testi – accademici e non -, generazione di formule su Excel, traduzioni automatiche, creazione di riassunti e di contenuti, analisi di immagini e video, composizione di recap di riunioni e di testi di email.

Tale tecnologia è in grado di rispondere alle domande degli utenti e di comprendere il contesto in cui vengono poste, facilitando anche estremamente lo strumento della ricerca online.

Quante volte abbiamo dovuto scorrere tra i risultati di Google, addirittura cliccando sulla seconda pagina, senza trovare quello di cui avevamo bisogno? Con ChatGPT – ed in generale con i chatbot - non sembrerebbe più necessario.

Il sistema vuole essere specializzato nella conversazione con un utente umano e quindi comprendere quello che gli viene chiesto e generare testi definiti - per l’appunto - “umani”, proprio come se li scrivessimo noi. O quasi.

Basta, quindi, chiedere e ChatGPT fornisce.

Ma decorsa la notorietà iniziale e l’entusiasmo che ha generato, negli ultimi tempi ChatGPT è stata fortemente criticata. Innanzitutto, ci si è resi conto che non sempre fornisce risposte accurate; anzi, talvolta ne dà di sbagliate o di natura ambigua. Inoltre, molte volte, le fonti da cui vengono tratte le informazioni non sono nemmeno citate, rendendo arduo comprendere se il contenuto del testo sia veritiero o meno.

Inoltre, i modelli di ricerca basati sull’intelligenza artificiale richiedono grandi quantità di dati per funzionare in modo efficace, il che ha sollevato preoccupazioni sulla protezione dei dati: gli utenti potrebbero non essere a conoscenza della quantità di dati che stanno condividendo e di come tali dati vengano utilizzati.

Tale timore non è affatto infondato. Infatti, a seguito di una perdita di dati (data breach) avvenuta il 20 marzo 2023 e riguardante le conversazioni degli utenti e altre informazioni sui versamenti fatti dagli abbonati al servizio a pagamento, dal 31 marzo al 28 aprile 2023 il servizio è stato temporaneamente sospeso in Italia per un provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali. L'Italia è stato il primo Paese al mondo a sospendere il servizio.

Ma occorre fare anche importanti valutazioni dal punto di vista di eventuali problematiche legate alla Proprietà Intellettuale.

OpenAI è  stata ad esempio citata in giudizio davanti al tribunale federale di San Francisco per violazione di copyright. Infatti, gran parte del materiale usato da OpenAI proviene da opere protette da copyright, inclusi libri; OpenAI – tuttavia – non risulta aver richiesto il consenso degli autori né riconosciuto loro un compenso per l’utilizzo delle loro opere sia nelle risposte fornite agli utenti sia nello scaricare le medesime per addestrare il suo sistema di intelligenza artificiale.

Occorre, infatti, fare molta attenzione a ciò che ci viene fornito da ChatGPT: data la fonte si potrebbe presumere che il contenuto sia lecito o che lo stesso non violi alcun diritto di terzi. Ma nella realtà dei fatti non è sempre così. Sappiamo bene, per esempio, che utilizzare una fotografia che scarichiamo dal web potrebbe dar luogo a contestazioni da parte dell’autore della foto. E il medesimo principio si applica anche nel caso di specie: se ChatGPT non ha ottenuto l’autorizzazione all’utilizzo di quel contenuto, video o fotografia, il suo impiego da parte degli utenti si rivela a sua volta non lecito.

Siccome le criticità di tale software, anche nel settore IP, stanno pian piano emergendo, bisognerebbe distinguere tra quelle che sono le attività per cui possiamo avvalerci dell’ausilio di strumenti di tal genere e quando, invece, è il caso di rivolgersi a dei “veri umani” e professionisti del settore.

Notiamo sempre più spesso come anche testi completi di contratti e accordi vengano generati su ChatGPT o simili. Basta chiedere alla Chat di creare le clausole ed il contratto è pronto.

Ma, come ben sapete, un contratto è frutto di una negoziazione tra le parti e di un bilanciamento dei loro interessi, oltre che dell’intervento di operatori che possiedono un’esperienza di cui i chatbot non possono vantarsi.

Se è pur vero che tali strumenti possano offrire vantaggi significativi in quanto a risparmio in termini di tempo e costi, il nostro suggerimento è quello di rivolgersi a coloro i quali possano comprendere le esigenze delle parti e creare un documento che tenga conto delle medesime in maniera effettiva ed efficace.

I nostri professionisti, con ampia esperienza nel settore, sono a disposizione per fornire consulenza al fine di porvi al riparo da eventuali violazioni di diritti di proprietà intellettuale altrui legate all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, nonché per una maggiore tutela dei vostri diritti IP rispetto all’attività creativa dei sistemi intelligenti utilizzati da terzi.