201604.19
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Con questi articoli ci proponiamo di mantenere aggiornati i nostri clienti sugli sviluppi nel settore della Proprietà Industriale in generale e della nostra struttura in particolare. Desideriamo garantire in questo modo una visione più ampia degli strumenti che il campo dei marchi, nomi a dominio, brevetti, disegni e diritti connessi offre agli imprenditori, per valorizzare e difendere il loro impegno nella ricerca e sviluppo di nuove soluzioni e idee.



La risposta della Cassazione (sentenza n. 4048 del 1/03/2016) alla domanda del nostro titolo è “No!”

Una breve descrizione dei fatti si rende necessaria per inquadrare il caso e per ricordare quali siano i paletti giuridici di cui i titolari marchi devono tener conto per evitare di incappare nell’ “ingranaggio” della decadenza per non uso.

Il marchio “Campagnolo” è certamente noto agli amanti del ciclismo (ma non solo). Ripercorriamo brevemente i passaggi principali della vicenda giudiziaria. La società piemontese, titolare del marchio in questione, nell’ormai lontano 2001 cita in giudizio la società Campagnola s.r.l. al fine di veder dichiarata la nullità del marchio “Campagnola” da questa registrato per mancanza di novità. La vertenza viene radicata avanti al Tribunale di Rovigo chiamato quindi a pronunciarsi sulla validità del marchio “Campagnola”. Per completezza va detto che le parti hanno portato all’attenzione dei giudici anche altri temi quali: la convalidazione del marchio e i criteri da applicare per la corretta quantificazione del danno. In questa sede tuttavia ci soffermeremo unicamente sull’istituto della decadenza per non uso. Questa figura giuridica è stata introdotta dal legislatore al fine di circoscrivere il potere monopolistico che il titolare di un marchio ottiene attraverso la sua registrazione. Come noto, la registrazione impedisce in maniera “assoluta” a terzi di fare uso o di registrare di marchi identici o simili. Tuttavia, tale potere rimane intatto a fronte dell’uso effettivo del marchio stesso. La normativa stabilisce infatti che, decorsi 5 anni dalla registrazione senza che il segno sia stato utilizzato, il marchio diventa attaccabile per intervenuta decadenza per non uso [1].

Nel caso “Campagnolo”, la società convenuta sosteneva che la società Campagnolo non avesse mai utilizzato il marchio azionato per abbigliamento e che lo stesso, essendo trascorsi più di cinque anni dalla registrazione dovesse essere dichiarato decaduto per non uso “essendo ben evidente che altro è il fenomeno della sponsorizzazione (comunque effettuata al fine di rendere dapprima nota e consolidare in seguito la presenza della ditta in questione sul mercato dei componenti per biciclette) ed altro il fenomeno della distribuzione a livello commerciale di capi d'abbigliamento” (così si legge nel testo della decisione).

Questa tesi è stata, in prima battuta, accolta dal Tribunale di Rovigo che, con sentenza del 2004, ritenne di dare ragione alla società convenuta Campagnola s.r.l. Il giudice di prime cure aveva infatti ritenuto che l’apposizione del marchio contestato su capi di abbigliamento solo in funzione pubblicitaria, ovvero con l’unico scopo di promuovere la vendita di prodotti diversi quali le componenti meccaniche destinate alle biciclette, non fosse idoneo a “salvare” il marchio.

Di diverso avviso sono invece state la Corte d’Appello di Venezia e, come già sappiamo, la Cassazione. In particolare, quest’ultima si è espressa sostenendo che il mero uso del marchio per oggetti pubblicitari volti a favorire l’acquisto di prodotti di altra natura merceologica sebbene non costituisca – come anche ribadito dalla Corte di Giustizia – uso effettivo e quindi idoneo a salvare il marchio, nel caso esaminato è stato tuttavia un elemento capace di ribaltare la situazione a favore della società Campagnolo. La documentazione prodotta in giudizio da quest’ultima evidenziava infatti l’esistenza di contratti di licenza a favore di terzi per la produzione di capi di abbigliamento per il ciclismo. Questo tipo di utilizzo per la Cassazione “corrisponde certamente ad un uso del marchio, sia pure a seguito di concessione di licenza per contraddistinguere prodotti altrui e non propri a prescindere dall'ulteriore aspetto della apposizione sulle maglie dei ciclisti a fini pubblicitari nel corso delle competizioni”.

Come si può facilmente intuire, in questa vertenza le prove depositate dalla società Campagnolo sono state determinanti poiché hanno consentito di ribaltare la decisione sfavorevole del Tribunale  di Rovigo.

Ciò dimostra quanto sia importante che le aziende curino nel tempo la raccolta e catalogazione di dati inerenti il volume commerciale dei prodotti venduti (sempreché questi dati siano riconducibili al marchio contestato), la durata dell’uso e, come in questo caso, l’archiviazione di contratti di licenza eventualmente sottoscritti.

Questo tipo di attività è purtroppo spesso sottovalutata dalle aziende, ma è ciò che può fare la differenza – come nel caso qui esaminato – tra la salvezza del marchio o il suo “decesso”.

[1] L’art. 24 del Codice della proprietà industriale prevede infatti che “ A pena di decadenza il marchio deve formare oggetto di uso effettivo da parte del titolare o con il suo consenso, per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato, entro cinque anni dalla registrazione, e tale uso non deve essere sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, salvo che il mancato uso non sia giustificato da un motivo legittimo”. Analoga disposizione regola la decadenza dei marchi dell’Unione Europea così chiamati in forza del Regolamento (UE) 2015/2424 entrato in vigore lo scorso 23 marzo.